Una minaccia strutturale per l’Europa
CeMiSS, Osservatorio Strategico 5/2017 (scarica il pdf)
Il generale caos istituzionale in Libia è un terreno fertile su cui, negli ultimi sette anni, sono cresciuti e hanno operato terroristi, milizie, gruppi di poteri locali, proxy e criminalità organizzata. Qui, le milizie tribali, i gruppi di potere e altre organizzazioni hanno dato vita a economie locali, creando forti reti commerciali e traendo profitto da un’illecita tassazione di attività commerciali illegali. La tratta degli esseri umani è la principale fonte di immigrazione clandestina in Europa e fattore di attrazione mediatica. Ma il traffico di esseri umani rappresenta solo una parte dei fenomeni illegali che alimentano l’economia della Libia, insieme a petrolio, armi e droga.
La generale instabilità garantisce i traffici illeciti che legano criminalità e terrorismo
Negli ultimi sette anni sono emerse nuove organizzazioni e reti di contrabbando in tutta l’Africa del Nord, con criminalità organizzata, gruppi di potere locali e organizzazioni terroristiche capaci di ottenere benefici dalla generale instabilità degli hub chiave in tutta la regione mediterranea.
Il traffico illegale di migranti: nuovo modus operandi, vecchio approccio al profitto
La tratta di esseri umani dal Nord Africa è la principale fonte di immigrazione clandestina in Europa ed è al tempo stesso il principale fattore di attrazione mediatica e dell’opinione pubblica. Ma il traffico di esseri umani rappresenta solo una parte dei fenomeni illegali capaci di alimentare un’economia parallela in Libia; vanno infatti considerati anche gli altri principali “oggetti” del contrabbando illegale: petrolio, armi e droga che, con un traffico “senza controllo” di esseri umani in Libia, finanzia la criminalità organizzata locale, quella transnazionale e il terrorismo1.
La oil connection: criminalità organizzata e terrorismo dalla Libia all’Italia e Malta
Il petrolio, in particolare, è il principale fattore dell’instabilità politica e delle conflittualità in Libia2: il Qatar, da un lato, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Bahrein, dall’altro, operano, ognuno perseguendo propri fini strategici al fine di ottenere il controllo delle esportazioni di petrolio e gas del paese.
E se il petrolio è l’elemento destabilizzante per la sicurezza libica, la Libia lo è per la stabilità del Mediterraneo ed è, al contempo, il potenziale elemento critico per la sicurezza degli equilibri regionali. Nonostante il processo di dialogo che coinvolge le due principali fazioni contrapposte, la Libia è ancora completamente senza istituzioni in grado di governare e con grandi aree fuori controllo.
Il governo di Tripoli, guidato da Fayez Al-Sarraj (GNA – Government of National Accord), riconosciuto formalmente dalla Comunità internazionale e sostenuto materialmente da Turchia, Qatar ed Algeria e, dall’altro, la Camera dei Rappresentanti di Tobruch (HoR – House of Representatives) sostenuta dal fronte militare guidato dal generale Khalifa Haftar a sua volta sostenuto da Arabia Saudita, Egitto ed Emirati Arabi Uniti, hanno concordato il 25 luglio scorso a Parigi l’avvio di un processo di negoziazione, che segue un percorso iniziato con la firma dell’accordo di Skhirat (Marocco) nel 2015 e la riunione di Abu Dhabi del 2 maggio.
La droga come sistema di pagamento per gli affari illeciti. La Libia come epicentro del traffico illegale di armi
Il generale caos istituzionale in Libia è un terreno fertile su cui negli ultimi quattro anni sono cresciuti terroristi, milizie, gruppi di poteri locali, proxy e criminalità organizzata. Qui, in un rapporto di collaborazione-competizione, queste milizie, i gruppi di potere locali ed altri gruppi, si sono imposti come soggetti dinamizzanti delle economie locali, creando forti reti commerciali e imponendo un illegittimo regime di tassazione su tali economie illegali.
In particolare, gli Al-Tabu, gruppo tribale della parte meridionale della Libia, ha saputo sfruttare a proprio vantaggio il traffico di migranti. I contrabbandieri che portano i migranti africani al confine meridionale della Libia versano ingenti quantità di denaro alla milizia etnica Tabu che mantiene un sostanziale monopolio nel controllo del confine meridionale.
Più in generale, tali attività illegali si basano sul profitto che deriva dall’assenza di controllo governativo, o delle istituzioni straniere.
Il contrabbando di armi, droga, petrolio e il traffico di esseri umani, si sono così imposti come scelta razionale basata sui crescenti profitti; un assunto teorico che si basa su un approccio invece molto pragmatico che ci consegna una Libia in fase di ridefinizione, anche nei suoi equilibri interni, dove la criminalità è diventata un’attività economica strutturale in cui gli attori coinvolti ottimizzano razionalmente le proprie attività sulla base di un bilanciamento tra opportunità, profitti, rischi e costi. (continua…)
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1 Chiara Sulmoni, Il mercato degli schiavi, documentario, Laser, RSI – Rete Due, agosto 2017.
2 Valeria Ferrante, Mare nero, reportage RAI 1, settembre 2017.